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Taranto: Tombati i fanghi di dragaggio del porto, 8 indagati

L’area, di oltre 40mila metri quadrati, in località Canonico, nel territorio di Massafra, è stata sequestrata dalla Guardia Costiera perché al suo interno sarebbero state smaltite 16.264 tonnellate di rifiuti

Sono otto le persone indagate per attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti: i residui derivanti dai lavori di rettifica, allargamento e adeguamento strutturale della banchina di levante del molo San Cataldo e di quelli di consolidamento della calata del porto di Taranto sono stati tombati – secondo l’accusa – in un’ex cava di tufo adibita a discarica abusiva.

L’area, di oltre 40mila metri quadrati, in località Canonico, nel territorio di Massafra, è stata sequestrata dalla Guardia Costiera perché al suo interno sarebbero state smaltite 16.264 tonnellate di rifiuti, in parte costituiti da fanghi di dragaggio illecitamente qualificati terre e rocce da scavo.

L’impianto di smaltimento a suo tempo era esclusivamente autorizzato al recupero in procedura semplificata della Sia-Servizi Integrati Ambientali, una delle tre società coinvolte. Le altre due imprese sono la Parascandolo srl, a cui era affidata la commessa per il trasporto dei rifiuti, e la Rcm Costruzioni srl, società produttrice di rifiuti che svolgeva attività di drenaggio, demolizione ed escavazione del fondale marino.

A quest’ultima società, a differenza delle prime due, non è contestato al momento l’illecito amministrativo. Il provvedimento di sequestro è firmato dal gip di Lecce Maria Francesca Mariano, che ha accolto le richieste del pm della Dda Milto Stefano De Nozza.

Il gip ha applicato la misura cautelare interdittiva all’esercizio dell’attività alla Sia srl e disposto sia il sequestro dei mezzi, attrezzature e materiali misti di demolizione esistenti nell’area adibita a discarica che dei conti e dei beni fino alla concorrenza della somma ritenuta profitto del reato nel confronti delle tre società (163.627,61 euro per la Sia srl, 39.035,40 euro per la Parascandalo e 1.090.101,62 euro per la Rcm Costruzioni).

Gli inquirenti segnalano anche «l’evidente compromissione e deterioramento ambientale conseguenti alle condotte illecite» considerando che i rifiuti «provengono da un’area Sin (sito di interesse nazionale), che presentano concentrazioni di inquinanti superiori ai limiti tabellari di legge stabiliti dal Testo Unico Ambientale.»

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