Operazione della Guardia di Finanza coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari. Nel mirino una rete di estorsioni ai danni di un imprenditore tranese: minacce violente anche dal carcere tramite smartphone. Decisivi i contenuti di chat e i pedinamenti investigativi
Cinque misure cautelari in carcere sono state eseguite oggi dai finanzieri dei Comandi Provinciali di Bari e Barletta, in una vasta operazione antimafia diretta dalla Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo pugliese. Le ordinanze, emesse dal G.I.P. del Tribunale di Bari, riguardano altrettanti soggetti indagati per il reato di estorsione aggravata dall’utilizzo del cosiddetto “metodo mafioso”.
L’attività investigativa, condotta dal GICO del Nucleo PEF Bari con il supporto della Compagnia di Trani, rappresenta l’epilogo di un’articolata indagine avviata in seguito all’analisi di alcuni dispositivi mobili sequestrati in un altro procedimento. Proprio da quelle chat è emersa con evidenza la situazione di grave vessazione in cui versava un imprenditore tranese, oggetto di ripetute richieste di denaro in cambio di una “protezione” dal sapore mafioso.
Secondo l’ipotesi accusatoria, accolta dal G.I.P. in sede cautelare (restando ferma la presunzione di innocenza e la necessaria verifica dibattimentale), il promotore delle estorsioni sarebbe un soggetto già detenuto per reati di stampo mafioso, ritenuto affiliato a uno storico clan barese. L’uomo, pur trovandosi in carcere, avrebbe continuato a impartire ordini grazie all’uso illecito di uno smartphone, affidando l’incasso delle somme a quattro emissari, tutti già noti alle forze dell’ordine per precedenti specifici.
Le minacce rivolte alla vittima sono risultate di una violenza inaudita. Tra le frasi intercettate dagli inquirenti:
«Io te lo giuro su mio figlio che ti scanno come un maiale…»,
«Come ti prendo in mezzo alle mani ti svito la testa…»,
«Non mi far contattare tutta la tua famiglia… tu mi devi dare i soldi…»,
«Io oggi ti distruggo, distruggo tutta la vita tua…»,
«Tu vuoi campare, eh? E mi devi togliere il debito!».
Gli investigatori delle Fiamme Gialle hanno supportato il lavoro della magistratura antimafia con un approfondito lavoro di riscontro: osservazioni, pedinamenti, escussioni testimoniali e analisi forense dei dispositivi sequestrati. Un’attività capillare che ha permesso di ricostruire con precisione il contesto intimidatorio, le responsabilità individuali e la dinamica delle richieste estorsive.
«L’operazione odierna è una testimonianza concreta dell’impegno della Procura e della Guardia di Finanza contro il fenomeno delle estorsioni» – sottolinea una nota ufficiale – «una pratica odiosa che sfrutta la paura, la solitudine e la debolezza delle vittime per ottenere denaro facile, spesso reinvestito in circuiti illeciti».
Il procedimento penale è ancora nella fase delle indagini preliminari. I soggetti arrestati non sono stati ancora rinviati a giudizio né condannati per i reati contestati. Tuttavia, il quadro indiziario raccolto viene ritenuto dal G.I.P. «grave e circostanziato», tale da giustificare l’applicazione delle misure restrittive in via cautelare.
Il caso conferma ancora una volta l’insidiosa pervasività delle logiche criminali che si annidano anche dentro le mura del carcere e l’urgenza, da parte dello Stato, di tutelare con fermezza chi denuncia e collabora.