I suoi brani parlano alla generazione
Abbiamo intervistato ai nostri microfoni l’artista torinese FASE, nome d’arte di Valerio Urti, già conosciuto come frontman del progetto Fase39. Il suo percorso artistico lo ha portato a pubblicare cinque singoli: “Giuda”, “Nena” (brano estivo, inno alle donne), “Veleno”, “Fiamme”, “Buonavita” e “Stare Bene Stare Male”. Il nuovo brano è un racconto intenso e viscerale che racconta la contraddizione emotiva di chi vive tutto fino in fondo. Tra euforia e vuoto, desiderio e nostalgia, il pezzo esplora la tensione tra amore, rabbia e fragilità, con un linguaggio crudo e immagini forti.

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Ciao Valerio Urti, alias FASE, benvenuto sulla testata giornalistica In Puglia24. Come dal tuo nome d’ arte hai imparato a dare il giusto valore alla vita e al tempo concesso per realizzare i nostri sogni. E allora cogliamo l’attimo con Buonavita? Il nome FASE nasce proprio da questo: dall’idea che la vita sia fatta di cicli, di momenti che ti mettono alla prova e altri che ti fanno rinascere. Ho imparato che il tempo non è un
nemico, ma un maestro. “Buonavita” è un invito a non sprecarlo, a non aspettare che tutto sia perfetto per essere felici. È una stretta di mano al presente con i suoi sbagli, le sue fragilità e le sue seconde possibilità.
Quanto è difficile essere “in fase” come te?
Essere in fase non è facile, perché vuol dire accettare anche i giorni in cui ti senti completamente fuori fase. Ma credo che la verità stia lì: nel non fingere. Io cerco ogni giorno di restare fedele a quello che sono, anche quando non è comodo. La difficoltà più grande è restare veri in un mondo che cambia idea ogni cinque minuti, ma è anche la sfida più bella.
Quanta forza serve per capire qual è il meglio per sé stessi e non fare passi indietro? Serve tanta forza e, soprattutto, serve cadere più volte. Perché solo dopo esserti perso impari davvero a capire dove vuoi andare. Io ho imparato che il meglio per me non è sempre quello che sembra giusto agli altri. È quello che mi fa stare in pace con me stesso. E non fare passi indietro non significa non avere paura significa scegliere ogni giorno di non lasciare che la paura decida al posto tuo.
Recentemente è uscito “Stare Bene Stare Male”, che vuole essere un urlo a chi non vuole più restare intrappolato nei rimpianti. C’è paura di vivere e amare oggi e di manifestarsi fragili?
Sì, c’è paura. Viviamo in un tempo in cui sembra che mostrarsi fragili sia sinonimo di debolezza, ma io penso l’opposto. Solo chi ha il coraggio di guardarsi dentro davvero, di stare male, poi sa anche cosa significa stare bene. “Stare Bene Stare Male” è questo: un atto di libertà, un urlo di chi dice “io ci provo comunque”, anche quando fa male.
Sei sempre “in fase” per dare delle canzoni, che oltre alla forza dei testi, hanno anche un livello musicale molto alto?
Cerco sempre di scrivere con la verità addosso. Non mi interessa inseguire una moda, mi interessa arrivare a chi ascolta. Le canzoni per me non sono mai solo suono, sono pezzi di vita. Lavoro tanto sulla produzione perché credo che la musica debba amplificare quello che senti dentro — e quando parole e suono si incastrano davvero, lì nasce la magia.









