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Nuova inquietante intimidazione per la giudice Mariano, testa di capretto sulla tomba del padre nel cimitero di Galatina

La gip del Tribunale di Lecce, già sotto scorta per precedenti minacce, ha trovato una testa di capretto e un coltello sulla tomba del padre. L’episodio, dal chiaro stampo mafioso, riapre la lunga scia di intimidazioni legate all’inchiesta “The Wolf” contro la Sacra Corona Unita. Solidarietà da politica e istituzioni, Mantovano: «Garantire ogni misura di sicurezza possibile»

Una nuova, inquietante intimidazione contro la gip del Tribunale di Lecce Maria Francesca Mariano, già da oltre un anno sotto scorta per minacce di natura mafiosa.

Nella tarda mattinata di lunedì 3 novembre, la giudice si è recata nel cimitero di Galatina per far visita alla tomba del padre. Proprio lì, all’interno della cappella di famiglia, ha trovato la testa mozzata di un capretto e un coltello dal manico di legno, avvolti in un nastro di carta su cui campeggiava una minaccia: «Prima o poi».

A insospettire la magistrata è stato un forte odore proveniente dal vaso dei fiori.

Avvicinandosi, la drammatica scoperta: i resti dell’animale e la lama, sistemati come messaggio intimidatorio di chiaro stampo mafioso.

Sul posto sono intervenuti gli uomini della scorta, seguiti dagli agenti del commissariato di Galatina e dalla Polizia scientifica, che hanno effettuato i rilievi.

L’episodio è ora al vaglio della Procura di Potenza, competente per le indagini sulle minacce subite dalla magistrata e dalla pm della Dda di Lecce Carmen Ruggiero.

Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano ha espresso immediata vicinanza alla giudice, contattando prefetto e questore di Lecce: «Ho chiesto di valutare ogni misura di sicurezza possibile, pur essendo l’attuale dispositivo tutorio già al massimo livello. Ho inoltre contattato la giudice Mariano, alla quale ho riconfermato l’altissima considerazione di Palazzo Chigi per il suo operato», ha dichiarato.

L’episodio si aggiunge a una lunga serie di atti intimidatori che la magistrata subisce dal 2023, dopo aver firmato l’ordinanza di custodia cautelare che portò all’arresto di 22 persone nell’ambito dell’operazione “The Wolf”, con cui fu smantellato il clan Lamendola-Cantanna, legato alla Sacra Corona Unita.

Nel febbraio 2024, la giudice aveva ricevuto un’altra testa di capretto insanguinata, infilzata da un coltello e accompagnata da un biglietto con scritto «Così», lasciata davanti alla sua abitazione.

Otto mesi più tardi, nell’aula del tribunale, comparve un ritaglio di giornale con la sua foto, contornato dal disegno di una bara e di una croce.

Gli inquirenti hanno accertato inoltre che un detenuto, su ordine del pregiudicato Pancrazio Carrino, aveva finto di voler collaborare con la giustizia per poter uccidere la pm Carmen Ruggiero durante un interrogatorio: un piano sventato in tempo.

Il nuovo gesto intimidatorio, consumato persino in un luogo di raccoglimento familiare, ha suscitato sdegno e solidarietà in tutta Italia.

«La mia piena solidarietà alla giudice Mariano, vittima di una vile intimidazione che colpisce non solo una magistrata coraggiosa ma l’intera comunità salentina. Il Salento non si piega», ha dichiarato il deputato del Pd Claudio Stefanazzi.

«Lo Stato garantirà alla giudice Mariano tutte le misure necessarie per la sua incolumità. Chi combatte la mafia con coraggio non sarà mai lasciato solo», ha aggiunto Saverio Congedo, deputato di Fratelli d’Italia.

Anche Leonardo Donno, coordinatore regionale M5S, ha espresso vicinanza: «Quanto accaduto è un gesto vile e inaccettabile. Mi auguro che i responsabili vengano individuati al più presto: siamo al fianco di chi, ogni giorno, lotta contro la mafia».

La giudice Maria Francesca Mariano, nonostante le minacce, continua a svolgere il suo lavoro e a partecipare a incontri pubblici sulla legalità.

Il prossimo 6 novembre sarà infatti a Casarano, dove presenterà il reading teatrale “Il giudice Rosario Livatino”, da lei scritto e dedicato al magistrato ucciso dalla mafia nel 1990.

Un gesto simbolico che riafferma la sua determinazione a non piegarsi alla paura, nel nome di quella giustizia che, ancora una volta, ha bisogno del coraggio silenzioso di chi la serve.

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